Il Ratto di proserpina Gian Lorenzo Bernini
Il Ratto di proserpina Gian Lorenzo Bernini

Kore, figlia di Demetra e di Zeus, era la vergine dea che simboleggiava il grano verde (essa veniva chiamata Persefone quando simboleggiava il grano maturo, mentre quando simboleggiava il grano raccolto era denominata Ecate). Questi tre nomi comunque ricordano la sua stessa madre Demetra poiché la sua figura ricorda il campo arato tre volte connesso al rito della fertilità.
Ade (Plutone), dio degli Inferi, si innamorò di Persefone (la Proserpina dei Romani) e chiese a Zeus il permesso di sposarla. Questi, per paura che Demetra non avrebbe mai perdonato che la figlia fosse confinata nel Tartaro, non rispose né sì né no, ma Ade si sentì autorizzato a rapire la divina fanciulla.
Così, mentre Persefone coglieva fiori nei prati adiacenti il lago di Pergusa insieme con le sue amiche ninfe (tra cui Ciane che per le lacrime versate si trasformò in fiume sotterraneo ed andò a riaffiorare a Siracusa), fu rapita da Ade e condotta con lui nel Tartaro, il regno sotterraneo dei morti.
Demetra cercò Kore per nove giorni e nove notti, senza mangiare né bere e invocando disperatamente il suo nome. Il decimo giorno giunse a Eleusi dove le venne raccontata la visione di un carro misterioso trainato da cavalli neri che era comparso e poi scomparso in una voragine e il cui invisibile guidatore teneva saldamente avvinta una fanciulla urlante. Avuta la prova dell'ignobile rapimento con la probabile complicità di Giove, Demetra, piuttosto che salire all'Olimpo per incontrare il padre degli dei, si mise a vagare furibonda sulla terra, impedendo alla natura di rifiorire e produrre frutti, tanto che l'umanità stessa minacciava di perire. Zeus non osava recarsi da Demetra ad Eleusi, ma le inviò messaggi e doni prontamente rifiutati dalla dea che, anzi, giurò che la terra sarebbe rimasta sterile finché non le fosse restituita l'adorata figlia. Zeus affidò ad Ermes un messaggio per Ade: "Se non restituisci Kore, andremo tutti in rovina". Un altro messaggio inviò a Demetra: "Avrai tua figlia Persefone, purché non abbia assaggiato il cibo dei morti". Poiché Kore aveva rifiutato di mangiare fin dal suo rapimento, Ade fu costretto a promettere la sua liberazione e salire sul carro. Ad Eleusi Demetra era pronta ad abbracciare la figlia, ma saputo che Persefone era stata accusata di aver assaggiato sette chicchi di melograno nel regno dei morti, ricadde nella disperazione e minacciò di maledire ancora la terra.
Zeus, con i buoni uffici di Rea (madre sua e pure di Demetra nonché di Ade), creò un compromesso: Persefone avrebbe trascorso ogni anno tre mesi in compagnia di Ade, come regina del Tartaro, e gli altri nove mesi con sua madre. Così Demetra risalì all'Olimpo non prima di aver ricompensato chi l'aveva aiutata nella ricerca: a Trittolemo diede semi di grano, un aratro di legno, un cocchio, e lo mandò per il mondo ad insegnare l'agricoltura agli uomini.
Persefone simboleggia l'alternanza delle stagioni e rappresenta la parabola "se il grano non muore non cresceranno le messi". Nei misteri eleusini rappresentava il candidato all'iniziazione che passa attraverso la morte per rinascere e accedere alla conoscenza.

Diaeta di Airone
Diaeta di Airone

DAFNE: ninfa, figlia del dio fluviale Peneo, corteggiata da Apollo, vistasi perduta, implorò suo padre che la trasformò in alloro. Apollo, vista la metamorfosi della ninfa, decretò che, da quel momento, la pianta sarebbe servita per incoronare i poeti, gl'imperatori e i più valorosi guerrieri.

CIPARISSO: giovinetto caro ad Apollo, dopo aver erroneamente ucciso il cervo dalle corna d'oro che il dio gli aveva regalato, volle morire, ma il dio, impietosito, lo tramutò in cipresso, simbolo della tristezza e sacro ad Ades, dio dei morti.

GIGANTOMACHIA: i giganti nacquero dal sangue (caduto sulla terra GEA) di Urano, quando fu evirato dal figlio Crono. La scena rappresenta il momento in cui essi cercano di strapparsi dal corpo le frecce avvelenate col sangue dell'Idra di Lerna scagliate da Ercole. I Giganti, soprafattori e malvagi, avevano osato sfidare Zeus per sovvertire l'ordine divino. Erano immaginati con serpenti al posto dei piedi al centro il loro capo Eurimedonte.

 

ESIONE: è raffigurata mentre addita un drago marino; il mostro ferito mortalmente da Ercole, si dimena in mezzo al mare. Il mito racconta che Laomedonte, re di Troia, padre di Esiòne e di Priamo, aveva il vizio di non mantenere la parola data. Così fece con Nettuno che lo aiutò a erigere le mura di Troia. Nettuno perciò inviò un mostro che sterminava uomini e bestie. Era una vera sventura e l'oracolo sentenziò che, per porre fine a tale calamità, bisognava sacrificare la bella figlia Esiòne. Ercole si offrì di liberare Troia dal mostro a patto che Laomedonte gli regalasse i cavalli che aveva avuto in dono da Zeus per il rapimento di Ganimede, ma quando egli liberò la giovane dalla mala sorte, Laomedonte non mantenne il patto e così Ercole lo uccise.

ENDIMIONE: era un bellissimo pastore della Caria che, per aver osato corteggiare Hera, fu condannato da Zeus a dormire per quarant'anni sul monte Latmo. Artemide, impietosita e innamorata del giovane, andava a visitarlo ogni notte, sotto le spoglie della luna (Selene), per baciarlo coi suoi pallidi raggi di luce. Un altra versione vuole che di Endimione s'innamorasse Artemide dandogli cinquanta figlie e poi, non tollerando l'idea che lui morisse, lo abbia messo a dormire per sempre in una caverna sul monte Latmo in Caria dove giacque per l'eternità mantenendosi giovane e bellissimo.

AMBROSIA: Sono presenti tutti personaggi della tragedia di Licurgo e Ambrosia. Al centro la figura nuda di Licurgo, re della Tracia, che tenta di uccidere con la bipenne la mènade Ambrosia che si sta già tramutando in pianta di vite. Dietro a Licurgo è il corteo dionisiaco composto da tre menadi di cui una, col tirso in mano, minaccia lo stesso Licurgo e un giovane che lancia il leopardo sacro. Dietro Ambrosia sono: Dioniso, Pan e Sileno. Licurgo non amava il culto dionisiaco. Il mito racconta che Dioniso, figlio di Zeus e Semele, durante un baccanale, fu sorpreso da Licurgo che lo scacciò violentemente dal suo regno, uccidendo satiri e menadi considerando il suo comportamento come immorale. Licurgo proibì la coltivazione della vite recidendo tutti i vitigni che incontrava con la sua bipenne. Addirittura uccise il proprio figlio per errore, avendolo scambiato per un tralcio di vite e tanta fu la forza impressa all'ascia che essa gli cadde dalle mani recidendogli le gambe. Le altre menadi e i satiri che Licurgo aveva imprigionato furono liberati prodigiosamente all'istante e le catene che li tenevano imprigionati si scagliarono su Licurgo uccidendolo.

PAN: il mito racconta che Pan, figlio di Mercurio e della ninfa Penelope, nato con piedi di capra, due corna in fronte e barba da becco, era talmente brutto che, alla nascita, quasi svenne sua madre. Il padre lo portò nell'Olimpo, ma egli, lussurioso tormentava in continuazione le ninfe. Pan, innamoratosi di Siringa, ninfa dell'Arcadia, la rincorreva per sottometterla alle sue voglie e, quando stava per raggiungerla, il padre di lei, Ladone, la trasformò in un canneto che, ondulando per il vento, provocava un suono che Pan scambiava per il lamento di Siringa. Pan, in memoria dell'amata, tagliò sette canne (sette note) e, disponendole in ordine ecrescente, costruì lo strumento musicale detto Siringa.

ORFEO: (Diaeta della musica) Al centro Orfeo che suona la cetra seduto su una roccia. Il mito racconta che Orfeo, figlio di Eagro e della musa Calliope, perse la moglie Euridice a causa di un morso di serpente calpestato casualmente mentre fuggiva inseguita dal pastore Aristeo, figlio di Apollo che avrebbe voluto sposarla. Orfeo, disperato e inconsolabile, discende nell'Ade e, addormentato con la cetra il cane Cerbero, impietosisce gli dei Ades e Persefone che gli concedono Euridice a patto di non voltarsi a guardarla fino all'uscita dall'Ade. Orfeo non resiste ed egli la vede svanire come un'ombra per sempre. sconsolato suona ancora la cetra, però
non incanta più gli dei, ma tutti gli animali della terra che volgono lo sguardo verso di lui. Orfeo, da allora, disdegnò l'amore e venne ucciso dalle menadi dimodochè con la morte potè raggiungere Euridice sicuro di non più perderla.

ARIONE: famoso poeta lirico e musico dell'isola di Lesbo, suona la cetra seduto sul dorso di un delfino, sotto una tenda rossa stesa da due amorini. Tutt'intorno sono tritoni, delfini, grifoni cavalcati da amorini, ecc. ecc. Il mito canta che Arione, figlio di Posidone, mentre viaggiava per mare, fu depredato dai marinai di tutto ciò che possedeva e stava per essere ucciso. Quale ultimo desiderio ottenne di suonare la cetra e, così facendo, attirò molti delfini, che, incantati dalla musica, accerchiarono la nave. Arione si gettò in mare e un delfino lo trasse in salvo trasportandolo in patria.